Epidemie, un problema nei ghiacciai

I cambiamenti climatici sono attualmente il nostro peggior nemico: nuove epidemie potrebbero partire dai ghiacciai

Quello dei cambiamenti climatici e del surriscaldamento globale è senza dubbio il tema del nostro secolo e – se ci si arriva – del prossimo.

Epidemie, un problema nei ghiacciai
Gli scienziati lanciano un allarme su come possano scatenarsi le nuove epidemie nel mondo (ansa) – Rationalinternational.net

Purtroppo il surriscaldamento globale – al netto delle teorie cospirazioniste e negazioniste – è un dato di fatto e già oggi ne paghiamo le conseguenze. Ma l’innalzamento delle temperature non sarà l’unica conseguenza spiacevole per il nostro pianeta e per gli esseri viventi che ci vivono. Dagli scienziati si alza l’allarme per nuove epidemie provenienti dai ghiacciai.

Si liberano i virus zombie

Da ormai molti anni le temperature anomale, in particolare quelle sotto le medie stagionali, stanno letteralmente “mangiando” gran parte dei poli del nostro pianeta. Se per anni una delle paure più grandi relativo allo scioglimento dei ghiacciai è stato l’innalzamento dei mari, ora gli scienziati avvertono anche sulla possibilità di malattie e pandemie terribili. Sepolti sotto strati di permafrost ghiacciato, infatti, vi sono ancora dei veri e propri virus zombie. Questi potrebbero “risvegliarsi” dopo secoli e scatenare nuove epidemie.

Epidemie, un problema nei ghiacciai
Gli scienziati lanciano un allarme su come possano scatenarsi le nuove epidemie nel mondo (ansa) – Rationalinternational.net

A lanciare l’allarme è Jean-Michel Claverie, genetista dell’Università di Aix-Marseille. Per lo scienziato, oltre ai cambiamenti climatici, il pericolo per la tenuta del permafrost è rappresentato anche dai lavori di estrazione dei minerali. Per Claverie, il rischio che dallo scioglimento o rottura del permafrost emergano nuovi virus e batteri è reale. Non è affatto escluso che vi siano presenti microrganismi in grado di generare nuove epidemie “come un’antica forma di polio”. Questo perché il permafrost, grazie alle sue caratteristiche organolettiche, rappresenta il materiale perfetto per la conservazione del materiale biologico. Secondo gli scienziati, infatti, all’interno di alcuni strati di permafrost potrebbero essere attualmente conservati virus di oltre 300.000 anni fa. Ragione per cui il sistema immunitario dell’uomo moderno potrebbe non essere pronto ad affrontare anche uno solo di questi microrganismi.

Proprio per questo è stato realizzata una rete di monitoraggio composto da numerosi scienziati. L’obiettivo è quello di riuscire ad individuare i primi casi di infezione dovuti a microrganismi emersi dal permafrost. Coloro che vengono contagiate dai microrganismi presenti nell’Artico vengono sottoposti alle misure di quarantena e, ovviamente, a tutte le cure necessarie. Secondo alcune ricerche condotte nel 2014, è stato dimostrato che alcuni ceppi, che risalgono a 48.500 anni fa, sono ancora in grado di infettare gli organismi unicellulari. È il caso di alcuni virus che hanno la possibilità di infettare solo le amebe e, dunque, non rappresentano un reale pericolo per gli esseri umani.

Ma questo, ricordano gli scienziati, non deve escludere a priori la possibilità che altri virus ancora congelati nel permafrost possano “riemergere” e infettare esseri umani e animali. A causa dei cambiamenti climatici le principali riserve di permafrost presenti in Alaska, Canada e Siberia si stanno sciogliendo sempre più velocemente. A peggiorare la situazione ci pensano le nuove operazioni minerarie in programma nel breve periodo. Ecco perché è assolutamente necessario che aumenti la sensibilizzazione sul tema, con la consapevolezza che possa scoppiare una nuova epidemia a causa dei cambiamenti climatici.

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