Il Sudafrica ha denunciato Israele per genocidio alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja, per porre fine alla strage dei palestinesi.
Il premier Benjamin Netanyahu ha risposto alla contestazione del Sudafrica all’inizio dell’ultima riunione del governo, difendendo in tutto e per tutto l’operato proprio e dell’esercito. Il quale a suo dire è stato esemplare per moralità e correttezza, dato che ha fatto di tutto per limitare il più possibile il numero delle vittime civili. Ancora una volta il leader israeliano ha disegnato un’aureola su ogni soldato, ribaltando tutte le accuse, parola per parola, come se le forze armate che egli stesso comanda fossero un modello di virtù.
Il genocidio, invece, è nei programmi e nella volontà di Hamas, che, sempre secondo Netanyahu, se ne avesse la capacità militare eliminerebbe completamente il suo popolo. Non solo. L’organizzazione palestinese usa i propri connazionali come scudi umani, al preciso scopo di far ricadere la colpa su Israele. Così in tutte le manifestazioni del mondo, Tel Aviv figura come il quartier generale di uno Stato impegnato con tutta la propria potenza militare in uno sterminio senza limiti.
Se una corte internazionale può fermare una guerra
Se la Corte dell’Aja concorderà con Pretoria, emetterà un ordine di sospensione dell’aggressione ai palestinesi della Striscia. L’accusa segnala anche le omissioni dell’esercito, che avrebbero l’evidente intento di distruggere l’intera popolazione. E Netanyahu reagisce come un avvocato difensore, osservando che accuse simili non sono mai state rivolte a chi in Siria o nello Yemen uccideva o costringeva a fuggire dalle loro case milioni di persone.
Chi parla di genocidio di Gaza non farebbe altro che, in altre parole, accreditare la narrativa di Hamas. E’ la stessa strategia difensiva che Netanyahu applica contro l’Onu, attribuendole la volontà di difendere Hamas. Tel Aviv dunque sta screditando ogni ente terzo, senza tener in gran conto nemmeno il fatto che la Striscia è un’enclave delle Nazioni Unite.
Un esercito che non commette il minimo errore
L’aggressività di Israele è legittimata, a quanto pare, stando alle dichiarazioni del premier, dalla sua correttezza. Dopo il pogrom del 7 ottobre, la difesa continuerà anzi ancora per mesi. Netanyahu parla di una guerra ancora lunga e minaccia lo stesso Hezbollah, che deve star lontano dai confini, altrimenti interverrà l’esercito, sempre con uso sproporzionato della forza. Minacce pure all’Iran, noto sostenitore del movimento libanese: il premier di Tel Aviv parla da dominatore della regione.
Agli Stati Uniti il compito di mediare con il Libano, ammesso che sia possibile. A tale scopo la Casa Bianca ha inviato a Beirut il suo consigliere per il Medio Oriente Amos Hochstein. Nel frattempo, il calcolo dei morti fra gli abitanti della Striscia di Gaza, cresce ancora rapidamente, sfiorando già il totale di 22mila.
Secondo il Wall Street Journal, che pure di Netanyahu ha ospitato un editoriale nei giorni scorsi, ormai il 70 per cento delle abitazioni della Striscia sono andate distrutte. Il territorio si è fatto inabitabile. Il 2023 si conclude con circa due milioni di profughi che nessuno vuole accogliere. Israele, per giunta, vuole il diritto di controllare il passaggio dalla Striscia all’Egitto.