I giornalisti ora temono Israele

37 giornalisti uccisi nel conflitto tra Hamas e Israele. Uno al giorno, forse di più. E nessuno può garantire sulla loro sicurezza.

Uno al giorno, ma sono numeri che valgono per il tempo in cui sono pronunciati la prima volta. Pochi istanti. E appena cambia, quel numero, l’approssimazione sarà per difetto. Perché ci sono gli scomparsi e anche quelli che non si credeva fossero lì, e vengono identificati, quando va bene, e chissà quando.

giornalisti in situazioni di guerra
I giornalisti ora temono Israele-Rationalinternational.net

 

Perché se lavori tra bombe e macerie se ti va bene sai dove sei ma non sai quanto durerai. E se chi prende la mira e butta già edifici come fossero lego colpiti da una sassaiola impenitente ti dice che non garantirà la tua sicurezza hai una vita che è legata con un filo di seta agli strappi del vento. E il vento è tempesta. Israele certo non si cruccia neanche di loro, né sembra provare disagio dinanzi a quella cifra.

La disperazione ogni giorno

Gli unici numeri che interessano sono il 7, giorno di Ottobre in cui è iniziato – o forse finito –  tutto, le 1200 vittime israeliane di quel giorno e i 242 ostaggi di Hamas. Il sette rimarrà, impresso nella Storia e nella memoria, quanto lo è stato l’11 Settembre. Gli altri sono destinati a variare: poco il primo, molto e drammaticamente il secondo, perché i giorni e le settimane a venire cambieranno quel numero, lanciato ogni giorno nell’imprevisto di un conflitto folle, dove tutti sono candidati vittime e gli ostaggi non si sottraggono al vortice. Sono un obiettivo, un capro espiatorio e un preteste. E i familiari a casa sono più morti che vivi, ormai.

giornalisti in situazioni di guerra difficili
I giornalisti sul posto di guerra-Rationalinternational.net

 

Ma ostaggi lo sono tutti, i civili di Gaza ed i giornalisti chiamati a documentare quello che ora deve essere taciuto. Perché il black out, il buio che tutto dovrebbe avvolgere mentre si fa il lavoro sporco vede in loro il primo intralcio. Per questo il numero fa paura e l’assenza di protezione, dichiarata, promette il peggio dove già è scomparso da tempo quel poco di buono, le regole minime, che sono talvolta la fioca luce nella notte di un conflitto. Luci accese sulla brutalità infinita di Hamas. Luci che devono essere spente sul resto, illuminato solo dai bagliori che annunciano un’esplosione nella notte. Ecco perché il “non vi proteggeremo”  pronunciato da Israele sembra un avvertimento.

E sembra promettere qualcosa meno e dire qualcosa di più. Una promessa che diventa l’annuncio di una resa dei conti, nel modo più nascosto possibile, quando Israele mostra le immagini di giornalisti sulla scena del crimine, quel 7 Ottobre e li addita come complici di Hamas. Stesso destino per loro, dunque, dice Israele. Un augurio di morte che non si attarda neanche all’idea di un’inchiesta. E’ dunque qualcosa di più di un augurio. E’ un proposito, il codice di una guerra senza regole, dove basta nulla per precipitare verso la fine, senza neanche l’intralcio di un processo sommario. No, il numero 37 non resterà a lungo.

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